Attualità e Viaggi

Un viaggio dentro se stessi

Parte seconda
di Isabella Greghi \ 22-01-2019 \ visite: 2006
Bali Isabella Greghi

Lo stile di vita del balinese medio è semplice, modesto, limitato, in linea con i principi ed i valori della loro religione, infatti è consuetudine pregare almeno tre volte al giorno, sottoponendosi anche a particolari riti di purificazione, che prevedono di bagnarsi il capo con l’acqua santa nei loro templi. Le principali attività lavorative dei balinesi ruotano attorno alla coltivazione, alla produzione artigianale e al turismo. L’isola balinese si distingue infatti per le sue immense coltivazioni di riso, principale pietanza della dieta balinese, che comprende solo pesce, pollame, frutta e verdura. Un’alimentazione dunque molto povera e contenuta. Da italiana però, abituata alla dieta mediterranea che spazia in una grande gamma di cibi, è risultato difficile adattarmi a questa limitata nutrizione, se non altro, è stato assai semplice e immediato raggiungere il peso forma.
Un’altra coltivazione è quella del caffè, che loro chiamano Kopi. In particolare bali è conosciuta per la produzione di un particolare tipo di caffè, il Luwac, prodotto con bacche ingerite, ma solo parzialmente digerite, e poi defecate da un animaletto tipico, lo zibetto delle palme. Il particolare ed originale metodo di produzione fa di questo caffè non solo una rarità ma anche un simbolo indonesiano. Da qui ne derivano anche l’alto costo e la fama, che nel tempo si è radicata nella cultura di massa, tanto che nell’omonimo film “Non è mai troppo tardi” ricordiamo Jack Nicholson che ne è un compiaciuto bevitore. Molti cittadini sfruttano soprattutto l’alto tasso di turismo per guadagnare: non è un caso che a qualsiasi orario incontri taxi per strada -la maggior parte fuori legge- i quali suonano il clacson insistentemente, talvolta in modo fastidioso, affinché ti accorga della loro disponibilità: paradosso per noi occidentali, abituati ad attendere minuti prima di intravedere il nostro taxi, che abbiamo rigorosamente prenotato in anticipo. Ancora i negozi stessi o i super market, li riconosci subito se sono “da turista”, perché ogni informazione è scritta in inglese e soprattutto perché i prezzi coincidono con il suo potere d’acquisto, risultando d’altra parte insostenibili al cittadino medio. Infatti è rarissimo vedere un balinese entrare in questi negozi e spendere per un vestito 60 euro, che equivalgono a 1.000.000 di rupie (moneta indonesiana); mentre è molto possibile che lo faccia un turista, avvezzo a spendere queste cifre durante il suo shopping. Sono stati costruiti club, centri ricreativi, strutture, bistrò e molto altro a misura di turista, il quale cerca divertimento, svago, relax: il giusto mix per la sua vacanza. Entrando in questi luoghi riesci ad entrare anche in mondi paralleli, dimenticando per un po’ di quella vera realtà balinese che si trova fuori. Le città stesse, infatti, per quanto appaiano grandi e turistiche- come Ubud, principale meta- restano tuttavia estremamente povere e sporche: nelle strade certo puoi incontrare diverse boutiques, ristoranti, edifici importanti come il palazzo reale; eppure ti basta spostare lo sguardo leggermente più in basso per accorgerti che tra i marciapiedi, sempre che ci siano, non mancano pattume e rifiuti di ogni tipo. Così come è capitato di trovare ammassi di plastica sulle spiagge, che l’alta marea ha portato a riva. Questo è davvero un aspetto triste, perché significa che lo Stato non è in grado di sopperire a questo grave problema, che ha comportato di conseguenza a un dannosissimo tasso di inquinamento. L’indonesia infatti, è il secondo più grande inquinatore di materie plastiche marittime al mondo, dopo la Cina. Purtroppo quello dell’ inquinamento, come del cambiamento climatico, non è un problema limitato solo ai territori Asiatici, ma coinvolge gli abitanti del mondo intero, perché è il risultato delle nostre scelte collettive. Così come collettivamente è stato creato, per risanarlo è necessario muoversi tutti insieme, prestare tutti molta più attenzione all’ambiente che ci circonda e prendercene cura,proteggerlo come fosse un bene indispensabile e anche perché è lo stesso in cui dobbiamo vivere e vivranno i nostri figli.
Questo viaggio mi ha fatto riflettere molto, è stata un’esperienza di vita. Credo che conoscere altri Paesi, altre culture, altri usi-costumi sia veramente importante oggi per svincolarci dal nostro “orticello” e confrontarci con abitudini che non per forza coincidono con le nostre. Un viaggio è sempre sinonimo di ricchezza interiore, dovunque si è diretti, perché ogni luogo ha una sua storia, qualcosa da mostrare e da insegnare. E’ necessario però conoscerne sia luci che ombre, sia aspetti positivi che negativi, in modo tale da capire la vera realtà e non l’idealizzazione. Credo inoltre che ognuno di noi nella vita debba conoscere la bellezza, quella che risiede nella semplicità che questo mondo e la Natura ci offrono, e forse non serve andare tanto lontano per trovarla. Non è un paradosso che anche questo l’ abbia capito solo viaggiando e andando tanto, tanto lontano. L’ uomo che è cieco alle bellezze della natura ha perduto metà del piacere di vivere, raccontava Robert Baden Powell; e aveva ragione, perché forse oggi siamo diventati tutti un po’ ciechi di fronte alla vera bellezza, che abbiamo sempre più confuso con quella estetica dei canoni moderni, diventandone succubi e prigionieri. Sottovalutiamo invece la meraviglia che rivela un tramonto, un mare limpido, una giornata di sole. Serve forse allontanarci dalla frenesia di tutti giorni per comprenderlo a pieno? Forse sì. Forse così come nel film Mangia prega ama  la protagonista viaggia per ritrovare se stessa proprio a Bali, riuscendo a guarire dalla tristezza che ha nel cuore e ad imparare a sorridere e amare nuovamente; allo stesso modo anche io in questo viaggio credo di aver fatto un piccolo viaggio dentro me stessa, riscoprendo la felicità nelle piccole cose, che avevo dimenticato. Ho rivalutato aspetti che credevo secondari, come quello ambientale, riscoprendone la vera essenzialità. E soprattutto, ho capito che cultura ha qualcosa da raccontare e mostrare, che tanto ci divide, quanto ci lega.

>>  Qui <<  la prima parte del racconto

 

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