Attualità e Viaggi

Un viaggio dentro se stessi

Parte prima
di Isabella Greghi \ 16-01-2019 \ visite: 1838
bali paesaggio

Troppe volte tendiamo ad idealizzare un luogo, una cultura, una religione, magari  affidandoci ai vaghi “sentito dire”, ai luoghi comuni, ai preconcetti o ai tabù, dettati dai sempre più influenti social, mass media e programmi televisivi. Talvolta, solo per via di oscurantismo o ignoranza. È il famoso aneddoto del turista tipo che, trasportato dal desiderio di conoscere l’America -quella delle serie tv, delle riviste patinate, del “tu vuò fa’ l’americano” di Carosone-, raggiunge la Grande Mela sicuro di quegli stereotipi, che vedono l’americano tutto jeans, cappello da cowboy e sempre intento a ingurgitare hamburger;  e così, vivendo nella vera New York, capisce che forse dell’America ne conosceva soltanto l’abbaglio.
Nella mia esperienza la meta è Bali, un po’ -forse troppo- diversa dall’America. A posteriori ammetto di esser caduta nello stesso errore, partendo con la certezza di raggiungere un luogo di sole palme, noci di cocco, surfisti e spiagge infinite, il tutto creato in un’ottica prevalentemente turistica e radical chic. Un po’ come sono le immagini che ci inviano i film, i romanzi, i poster nei quali c’è sempre un bel mare e delle belle balinesi in costume da bagno. Certo, Bali è anche questo, perché nel tempo si è adattata alle richieste del turista, per lo più occidentale. Ma ritengo sia necessario conoscere a pieno l’isola Balinese, per rendersi conto che dietro questa patina caricaturale si nasconde tutt’altra realtà, in cui la povertà, gli stenti e l’indigenza serpeggiano come leitmotiv esistenziali e vanno pari passo con l’assenza di adeguate norme di sicurezza stradale e civile. Si resta interdetti dinanzi a questa realtà sociale così difficile da comprendere e così lontana dalle nostre abitudini, eppure, di fronte alla sua cultura, ai valori, ai principi si resta affascinati. Così come si resta affascinati dalle sue forme artistiche e teatrali, dalle musiche, dai rituali. I templi sono i principali luoghi di culto, nei quali risiede gran parte della storia e delle origini balinesi. Costruzioni centenarie che presentano ornamenti, dettagli e soprattutto i colori più unici e straordinari. Gli stessi colori si ritrovano anche nelle strade, in enormi decori pendenti a lato dei “marciapiedi” o nelle variopinte abitazioni tipiche definite “Kuren”, completamente diverse dalla nostra idea di “casa”, le cui porte ricordano infatti gli ingressi ai templi. Ed è il colore stesso l’aspetto-chiave che mi ha incuriosita maggiormente di tale popolazione e che ho pensato di utilizzare quasi a coprire e portare in secondo piano la miseria, il degrado: la povertà esteriore si contrappone così alla grande ricchezza interiore.
Mi hanno inoltre incantata le danze tradizionali, la magia misteriosa che rivela ogni passo, ogni singolo movimento, ogni sguardo: è tutto un complicato gioco di gambe, occhi, mani. Ogni ballo racconta infatti una storia d’amore, di rabbia, di paura e la bravura di questi danzatori risiede proprio nella capacità di trasmettere tutte queste emozioni, con l’uso del corpo e della musica di sottofondo e anche, soprattutto, con l’uso di maschere e costumi tradizionali: è il teatro del dramma che si fonde con la danza tipica.
Gli usi-costumi e ogni aspetto della vita, sono inoltre permeati dal loro credo religioso, principalmente induista, lo capiamo a partire dalle “offerte” (sesajen) che lasciano nelle strade, sui marciapiedi, di fronte alle case, nei templi, talvolta anche nei ristoranti e nei negozi: sono doni rivolti ai loro dei. Si tratta di piccoli vassoi di foglie contenenti oggetti vari (da biscotti a caramelle, da sigarette a bastoncini di incenso). Mi sono molte volte domandata quale significato e soprattutto quale valenza avessero potuto avere questi piccoli recipienti, come i piccoli gesti che fanno durante i loro riti, le semplici parole che pronunciano: ho capito che tale cultura e religione hanno molto da insegnare e il concetto fondamentale risiede proprio nel fatto che qualunque oggetto ha valore -anche quello che all’apparenza ci può sembrare più misero e banale- purché per te sia importante e unico. Forse tutti dovremmo imparare questa lezione, specie al giorno d’oggi, in cui si tende a ricercare la perfezione assoluta e troppo spesso si sottovaluta la semplicità delle cose, dei valori, dei principi, che sono proprio quest’ultimi quelli che più valgono la pena di amare e rispettare.

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