Attualità e Viaggi

Vita da ostello

Il bello del viaggiare low cost
di Elena Bracchi \ 03-08-2018 \ visite: 2625
vita da ostello
Foto di Luca Baroni

Chi alla ricerca di un po’ di relax dalla frenetica vita di tutti i giorni, chi per amore dell’avventura o chi per andare a trovare amici e parenti lontani, tutti viaggiamo. Decisa la meta e stabilito all’incirca il possibile periodo, il terzo punto della to-do-list di un viaggiatore è il seguente: dove alloggiare?
Se le finanze lo permettessero, a chi non piacerebbe poter albergare in una di quelle lussuose suite provviste di tutti i comfort che ci fanno sognare in film e serie tv? Ahimè, bisogna farsi i conti in tasca, soprattutto se sei giovane, magari ancora studente, e i soldi nel portafoglio sono abbastanza per permetterti giusto uno spritz con gli amici il venerdì sera.
Soprattutto tra i giovanissimi e i viaggiatori in solitaria, la soluzione più economica risulta essere l’ostello. Una parola che forse fa rabbrividire i più per l’immaginario collettivo di camerate da militare, con docce non funzionanti e sporcizia ovunque. Vero che gli ostelli, dall’antico nome ospizi od ospitali, nascono nel Medioevo sulle più importanti vie di comunicazione per permettere riposo a viandanti e pellegrini, ma dopo secoli e secoli qualche miglioria ci sarà pur stata, no?
Tempi che cambiano, ma la preoccupazione dei genitori è sempre la stessa quando i figli decidono di andare via per qualche giorno ed alloggiare in ostello. I classici “stai attento/a”, “chiudi bene le valige”, “ma ci sono i bagni?”, “ma hai la colazione almeno?” ti inseguono fino al fatidico momento del check-in in cui, in preda all’ansia della prima volta, ti chiedi se sopravviverai.
 
La prima volta che ho pernottato in un ostello da sola è stato a Firenze nel 2014, in vista del Lucca Comics di quell’anno. Ricordo ancora bene i ripidi scalini di pietra che portavano ai vari piani, dove un solo passo falso poteva farti decappottare all’indietro con tanto di valige annesse ed i soffitti bassissimi dai bernoccoli assicurati –e lo dico io che sono davvero minuta di statura!
Ad ogni stanza era stata affibbiato il nome di un’antica e nobile famiglia fiorentina –la camera De’ Pazzi era quella cui ero stata assegnata. L’unica congiura ordita durante quel breve soggiorno fu ai danni del receptionist che mi vide alle sei di mattina, in cosplay, pronta per andare in fiera e che per ripicca mi fece perdere il treno per scattare troppi selfie. Ma questa è un’altra storia.
Da quel breve viaggio non mi sarei mai aspettata di tornare arricchita di nuove conoscenze né che avrei voluto riprovare l’esperienza e che questa, nel bene e nel male, si sarebbe sempre rivelata interessante a livello di crescita personale.
Mi sono ritrovata circondata da persone provenienti da tutto il mondo, chi in compagnia e chi in solitaria, per una vacanza o di passaggio per una sola notte. L’infermiera di Taiwan che ha lodato l’organizzazione universitaria della sua città natale e delle grosse opportunità di tirocini là presenti, la ragazza di Chicago che odia le metropoli e che si è innamorata di Venezia, e ancora, le sorelle ungheresi che si sono divertite ad aiutarmi a disegnare i tatuaggi per il mio costume. Persone con background diversi ritrovatesi per caso a condividere gli stessi spazi, ad aspettarsi la sera per andare a cena tutte assieme, a commentare il modo in cui altri “inquilini” lasciavano il bagno e scambiarsi qualche parola sull’andamento della giornata. Un’atmosfera familiare, allegra, anzi, solidale.
Persone che forse non si rivedrà più ma con cui si è condiviso una piccola parte del proprio vissuto, che ti hanno donato un poco delle loro conoscenze e ti hanno permesso di arricchirti a tua volta. Mai quanto durante i soggiorni negli ostelli mi è capitato di sentire tanti accenti diversi, di parlare in inglese, senza mai essere giudicata per il mio parlare all’inizio stentato e il comunicare a gesti quando quella parola proprio ti rimaneva sulla punta della lingua.
Nei viaggi a seguire altri volti e voci hanno accompagnato le mie giornate, dalla brasiliana Camilla con una elle talmente marcata da ferrarese doc alla modenese che per motivi a noi sconosciuti si fingeva americana.
E come dimenticare l’aspetto rustico e colorato, odorante di spezie e tisane, di alcuni ostelli così esteticamente invitanti da meritare una foto ricordo. Perché sì, è bene mettere da parte l’immaginario da Medioevo: in sempre più ostelli si respira aria di accoglienza e più di una volta mi è capitato di vedere foto e messaggi di ringraziamento di vecchi ospiti, ben incorniciati e messi in vista nella hall. Un gesto che quasi pare strano per la tanta umanità, perché spesso si danno per scontate le piccole cose.
 
A volte, osservando come procedono le nostre vite, chiuse nella bolla di tanti, troppi, pregiudizi, mi rendo conto di quanto siamo limitati. Di quanto abbiamo paura di abbandonare le nostre comodità e,soprattutto, di interagire con gli altri. L’insegnamento più importante che ho tratto dall’alloggiare in ostello è stato proprio la condivisione. Di esperienze e di spazi, dallo scambio di battute al lasciare il lavandino pulito per chi lo userà dopo di te, esattamente come se fossi a casa tua. Una lezione di vita, di civiltà, e sì, anche di coraggio. Ho conosciuto tante donne che hanno viaggiato sole, in un letto non loro, lontane da casa per mesi, solo per viaggiare -e i loro racconti hanno insegnato anche a me ad avere meno paura, a sentirmi sicura in un posto dove non c’è sporcizia, i letti non sono poi così male e le docce funzionano.
A dir la verità ti senti un po’ il viaggiatore protagonista in una di quelle osterie medievali: c’è chi arriva, chi se ne va, ma si sta tutti in compagnia.

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