Arte e Letteratura
Oriana
Riflessione sulla Signora Coraggio

Irriverente, sfrontata, curiosa, critica.
Oriana Fallaci si può definire così, a esser brevi. E sono proprio il carattere indomito, la penna tagliente e lo stile unico, che hanno fatto di lei non solo un punto di riferimento del giornalismo, ma il vero e proprio personaggio che ancora oggi, a dodici anni della sua morte, ammiriamo. Eppure, dietro quella figura tanto nota- dalla lingua biforcuta e sincera, con la sigaretta sempre accesa e gli occhiali grandi- si cela una storia ragguardevole, fatta di pane, acqua, guerra e libri. La Fallaci nasce infatti in condizioni non troppo agiate, tuttavia ha sempre manifestato il suo amore e la gratitudine verso i genitori, che definisce in un’intervista “persone coraggiose fisicamente e moralmente. Mio padre era un eroe della Resistenza e mia madre non gli è stata da meno.” Appena quattordicenne, ricopre infatti il ruolo di staffetta durante la Resistenza. Nella sua adolescenza, Oriana vive la guerra sulla sua pelle e forse è proprio per questo che cresce in fretta, trovandosi catapultata nel mondo nudo e crudo degli adulti, lasciando da parte bambole, ingenuità e fanciullezza, che definisce lei stessa “piena di eroi: ho avuto il privilegio di esser bambina in un periodo glorioso. Ho frequentato gli eroi come gli altri ragazzi collezionano francobolli e ho giocato con loro come le bambine giocano con le bambole”. Questi che ha vissuto sono gli anni che le hanno permesso di costruirsi quel carattere forte che conosciamo, forgiato poi dall’esperienza e dalla cultura, che riceve sin da piccola: i pochi risparmi familiari, venivano infatti investiti in libri, per cui ha sempre provato una grande passione- come per la scrittura- che la porta ad essere l’autrice di trenta libri, tra i quali ricordiamo Insciallah, romanzo ambientato in Libano durante la guerra civile negli anni Ottanta, tra cui figurava anche l’Italia. Un libro che analizza una realtà umana cruda e, anzi, inumana. Un libro che denuncia contro i fondamentalismi arabi, che esalta la banalità della guerra; ricordiamo La rabbia e l’orgoglio, un libro dai contenuti forti, fomentati dagli attentati dell’11 settembre 2001, è la critica personale dell’autrice al mondo islamico; ma soprattutto pongo l’accento finale su Il sesso inutile, un libro dedicato a tutte le donne, un reportage sull’universo femminile, una riflessione su come sia possibile concepire le donne come genere di secondo ordine. “Da un capo all’altro della Terra le donne vivono in un modo sbagliato -scrive- (…)Tutte erano più o meno consapevolmente lanciate verso qualcosa che non può provocar che dolore, un dolore sempre più complicato. Il grande ritornello che scuote le donne dell’intero globo terrestre si chiama Emancipazione e Progresso: ogni volta che sbarcavo in un nuovo Paese mi trovavo dinanzi queste due parolone e a donne che se ne riempivan la bocca quasi si fosse trattato di chewing-gum. Gliele abbiamo insegnate noi donne evolute come masticare chewing-gum, ma non gli abbiamo detto che il chewing-gum può far male allo stomaco.[…]E in quel girare avevo seguito la marcia delle donne intorno a una cupa, stupidissima infelicità.” Sono solo alcune delle frasi taglienti, cariche di rabbia e avvolte di tristezza, con le quali Oriana vuole urlare -anche attraverso il paradosso del titolo stesso- come siano proprio le donne ad essere il genere indispensabile e capace sotto ogni punto di vista. Lo dimostra lei stessa con la sua lunga storia di giornalismo, reportage in molti Paesi del mondo, con la sua sfrontatezza, tenacia, passione e coraggio che porta a testa alta, senza paura di limitarsi nel dire quel che pensa. Come quando, dopo l’uscita de La rabbia e l’orgoglio, afferma che “qualcuno in Italia, citando versi del Corano, esorta i suoi fratelli a castigarmi in nome di Allah, a uccidermi, anzi, a morire con me. E, poiché è un tipo che conosce bene l’inglese, in inglese gli rispondo Fuck you.”
È un personaggio certo difficile da capire, accettare, digerire e di cui troppo spesso l’inesperta opinione popolare ha diffuso -come una sorta di leitmotiv esistenziale- il titolo di “Donna cattiva”, di cui i più screanzati se ne riempivan la bocca senza quasi saper distinguere la differenza tra cattiveria e sincerità. Tra l’essere cattive persone, e persone che fanno solo il proprio lavoro. Oriana invece, icona e punto di riferimento perpetua, ci insegna il giornalismo all’avanguardia, la lealtà, la verità in tutte le sue luci ed ombre. E forse è proprio per questo che ancora oggi si fatica a leggere la Fallaci, o si fatica a comprenderla del tutto. Ma è necessario tuttavia conoscerla, per svelare i retroscena di un mondo professionale che fino a quel momento era limitato a essere appannaggio maschile, e anche per mettere a nudo tutti quei cliché che spesso non si vedono, o meglio, non vogliamo vedere e preferiamo nascondere dietro un dito.
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