Utilità e progetti

Un giorno qualsiasi

Una giornata a caso nell’anno di servizio di un Corpo Civile di Pace in Perù
di Valentina Chendi \ 29-01-2018 \ visite: 19476
Lima - Perù
 
La mia sveglia suona verso le 6, 6 e mezza del mattino. Metto la pentola piena d’acqua sul fuoco e so che tra 15 minuti circa sarà calda. Faccio il letto e riordino la stanza, prendo la bacinella, ci verso l’acqua calda dentro e in punta di piedi mi dirigo verso la doccia, per non svegliare la famiglia peruviana con cui vivo. Lì mescolo l’acqua e mi lavo. Sì, da quando vivo in Perù mi sono abituata a non avere l’acqua calda in casa, ma poco importa, a tutto si fa l’abitudine.
Quando mancano 10 minuti alle 8 i bimbi stanno già bussando con forza alla porta del centro. Salutano, dolci come sempre, qualcuno un po’ assonnato che viene dalla cima del cerro. E comincia la nostra giornata fatta di laboratori di ogni tipo, da inglese a canto, da lettura a scacchi, da ginnastica a teatro. La quotidianità scivola veloce, sono passati già quasi 7 mesi da quando ho messo piede in questo paese, in questa periferia di Lima che dalle foto pare tanto terribile e invece per me e Luca, il mio collega, è ormai casa. È normalità. È routine.

Viviamo con una famiglia peruviana pazzesca che ha creato il progetto al quale lavoriamo e ha due figli di 8 e 11 anni che io chiamo sempre “fratellini adottivi”. Manca poco al nostro ritorno in Italia, e io so che mi mancheranno già tutti e tutto. Mi mancherà il paesaggio, è incredibile dirlo, quelle colline piene di casette di legno colorate, abitazioni precarie di chi è migrato verso la capitale costiera ritrovandosi circondato da sabbia e miseria. Come farò a spiegare agli italiani che c’è bellezza anche qui, anche se non sembra?

Lima Perù

La prima ora ho il gruppo di seconda elementare, a giorni alterni durante i campi estivi (sì, qui è estate) io insegno lettura e canto. I bimbi mi hanno proposto di cantare reggaeton e altra roba scandalosa (Profesoooooooora, non possiamo cantare quella di Maluma??), ovvero i pezzi assolutamente non adatti alla loro età che sentono in giro tutto il giorno. E io ho optato per le canzoni dei cartoni animati: l’hanno presa bene, per fortuna. I libri che leggiamo in gruppo, invece, sono pieni di illustrazioni, un racconto di fantasmi per gli undicenni e qualche mostro innocuo per i piccolini. Ogni tanto mi viene incontro Arely, una bimba che va in seconda elementare che è il riassunto della dolcezza, mi abbraccia senza dire nulla e poi se ne va. Ogni singolo bambino ha il suo talento e la sua propria verve, difficile confondersi. Ma tutti, proprio tutti, adorano i miei títeres de dedos, ovvero degli animaletti di pezza che metto nelle dita e faccio parlare: il topolino l’ho chiamato Mario e la giraffa Camila. Mi aiutano nelle lezioni più difficili a gestire i gruppi numerosi, e in più sciolgono il cuore dei bambini più agitati, quelli più introversi e i timidi. Poi ci sono le riunioni da fare con il gruppo dei bibliotecari, la pianificazione dei laboratori che teniamo al pomeriggio nella scuola qua vicino, i libri da comprare, abbiamo organizzato la prima edizione di un festival di quartiere, fatto lavoro di comunità ogni sabato etc etc.
Ecco perché il tempo scorre tanto veloce, e io mi chiedo “Sto lasciando qualche impronta qui?
Sto lavorando bene? Si ricorderanno dei miei abbracci?”

Sì dai, forse sì.

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