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​I signori del cibo: un viaggio tra castelli di maiali e oceani di soia

Considerazioni sull'industria alimentare che sta distruggendo il pianeta
di Giulia Tornesello \ 03-10-2016 \ visite: 15495
incontro int16 signori del cibo
 
Nel Chiostro di San Paolo, in occasione del Festival di Internazionale a Ferrara, Stefano Liberti ha presentato il suo ultimo libro: “I Signori del Cibo”.  A dialogare con lui, Pietro del Soldà, di Rai Radio 3.
 
Se fino a qualche anno fa il cibo e l’alimentazione erano argomenti che non catturavano l’attenzione del grande pubblico, oggi se ne parla sempre di più e sempre più gente se ne interessa, forse anche per questo il chiostro era gremito di spettatori. Tutto questo affollamento mi ha portata a ritrovarmi gomito a gomito con Christian Raimo, scrittore e giornalista, che, avendo collaborato con Liberti per quest’opera e per le due precedenti, mi fa da perfetto cicerone in questo viaggio intercontinentale alla scoperta dei “Signori del Cibo”.
 
Liberti ha svolto un accurato lavoro di giornalismo investigativo sulla filiera di quattro alimenti: il maiale, la soia, il tonno e il pomodoro concentrato. L’indagine parte da una riflessione sulla “bolla speculativa” che dal 2008 (circa) si è creata attorno al cibo, diventato, in quegli anni, il “bene-rifugio” per sanare il crollo economico.
Sempre più privati oggi investono sull’industria alimentare, facendo del cibo un vero e proprio business. Business quotidianamente alimentato dall’insostenibile crescita demografica globale.
 
“Over Population Business” era proprio il primo titolo che si era pensato di dare al libro – mi rivela Christian Raimo – poi si pensava a “Locuste”, a sottolineare la piaga dell’agire di queste industrie, per poi arrivare alla scelta finale, “I Signori del Cibo”.
 
L’autore ha visitato gli enormi allevamenti di maiali in America e in Cina, dove si è trovato davanti allo spettacolo raccapricciante di “castelli di maiali congelati” – come metaforizza lui stesso-, di “oceani di soia” e di vere e proprie “lagune rosa” di letame. Rosa perché i maiali vengono nutriti e lavati con sostanze chimiche nocive non solo per gli animali e per i consumatori, ma anche per il terreno su cui vengono scaricati i loro escrementi.
 
L’alimento maggiormente somministrato ai maiali è la soia, così che maggiore è il numero di maiali da sfamare, maggiore deve essere la produzione di soia. Al momento è il Brasile il più grande produttore di soia mondiale, e lo sfruttamento intensivo dei campi sta arrecando danni irreversibili a tutto l’ecosistema.
È così che si viene a formare il “triangolo dei maiali” tra Stati Uniti, Brasile e Cina.
 
Uno dei fattori che principalmente influenzano questa catastrofe mondiale è la continua crescita del ceto medio cinese che, vivendo adesso l’”American Dream”, ha gusti sempre più occidentalizzanti; ed è evidente come i mutamenti culturali da sempre si riflettano sull’alimentazione.
“Se il ceto medio cinese iniziasse a mangiare abitudinariamente tonno – dice Liberti – probabilmente questo si estinguerebbe, poiché il tonno non si può allevare, deve essere cacciato, benchè sia poi venduto a prezzi irrisori su scala industriale”.
 
Per quanto riguarda il disastro ambientale causato dalla produzione di tonno in scatola, però, la colpa è quasi tutta europea, essendo stati noi – ed in particolar modo la Spagna- gli iniziatori dello sfruttamento intensivo del tonno. Ciò che c’è di più sconcertante è il fatto che nel Mar Mediterraneo si trovi il tonno rosso, che l’Europa esporta in Giappone, mentre gli europei preferiscono il tonno pinna gialla, che importano dal Pacifico e dall’Atlantico, perché ha costi più ridotti.
Altro caso emblematico è quello della produzione di pomodori, il cui più grande importatore è ancora una volta la Cina, seguita dall’Italia. L’autore ha attraversato le coltivazioni di pomodori in Puglia, dove vengono sfruttati centinaia di ghanesi. Lo stesso Liberti ha viaggiato in Ghana per realizzare un documentario che mostrasse anche il rovescio della medaglia: cosa succede in quei posti del mondo in cui le produzioni alimentari sono state schiacciate dalla potenza delle grandi economie globali.
 
Non possiamo sapere con certezza se e quando queste produzioni massicce scompariranno dal sistema economico mondiale. Possiamo solo sperare che avvenga e che avvenga presto, perché i danni sono già immani. Quello che sta succedendo ora, invece, possiamo saperlo con certezza, lo si può vedere a occhio nudo se si ha la volontà di guardare. L’opera di Liberti risulta così essere un importante mezzo di approfondimento.  

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