Arte e Letteratura
Edward Hopper a Bologna
Palazzo Fava- Palazzo delle Esposizioni di Bologna fino al 24 luglio

Per ben tre volte mi sono fermata davanti a Palazzo Fava convinta di poter vedere la mostra Edward Hopper e per tre volte sono andata via, demoralizzata dalla lunga fila che, partendo dal portone del Palazzo, girava l'angolo e stazionava per via Indipendenza. All'ingresso, un cortese ragazzo della security sembrava aver imparato cosa dire a chi, impaziente come me, non aveva troppa voglia di aspettare tre ore in coda:
"Le conviene fare il biglietto online signorina o venire durante la settimana in orari particolari, come le 14".
Non aveva torto. Un lunedì, subito dopo pranzo, ci ho riprovato, convinta che sarei tornata a casa senza aver visto la mostra. Invece, quasi come un miraggio, neppure un'ombra davanti all'ingresso, tanto da farmi pensare che fosse il giorno di chiusura. Certo, non c'era tanta fretta, le opere di Edward Hopper, più di sessanta, saranno esposte nelle nove sale del Palazzo Fava- Palazzo delle Esposizioni di Bologna fino al 24 luglio. Ma la curiosità era troppa. La mostra è curata da Barbara Haskell, curatrice del Whitney Museum of American Art, e da Luca Beatrice è stata prodotta e organizzata dalla Fondazione Carisbo, ondazione Carisbo, Genus Bononiae, Musei nella città e ArthemisiaGroup, in collaborazione con il Comune di Bologna e il Whitney Museum of American Art di New York.
L'arte di Hopper, pittore simbolo del 900 americano, ha influenza il cinema, la letteratura e le future sperimentazioni artistiche.Definito il pittore del silenzio, nelle sue opere si percepisce una tensione psichica, trasmessa dai paesaggi vuoti, sospesi in un tempo indefinito, ma anche dai personaggi che popolano i suoi quadri, pensosi, intenti in riflessioni che li estraniano da tutto ciò che li circonda. La pittura di Hopper non mostra mai violenza o paura, anche nei momenti più bui del secolo scorso, scosso dalle Grandi Guerre, ma l'inquietudine traspare dalle sue opere, così come la sensazione che tutto possa smettere d'esistere da un momento all'altro.
Nato a Nyack, nello stato di New York, lasciò l'America solo da ragazzo, per studiare in Europa e vivere a Parigi nei suoi anni d'oro, dove ammirerà lo stile di Degas, presente in alcune delle sue opere, senza lasciarsi trasportare dalla sregolata vita degli artisti che all'epoca popolavano la capitale francese. Tornato in America, conobbe e sposò l'artista Josephine Nivison, con cui condivise tutta la vita.
La mostra si sviluppa in sei sale, comprende 160 delle sue opere disposte in ordine cronologico, dagli acquarelli alle bozze tracciate con carboncini e gessetti. Case, ferrovie e strade circondate dalla natura, che sembra quasi voler riprendersi gli spazi di cui è stata privata. Dopo i primi dipinti parigini, si delinea lentamente lo stile pittorico, in un crescendo che passa tra Soir Bleu, Summer Interior, fino al celebre Second story sunlight, di cui è presente anche una proiezione digitale che permette ai visitatori di diventare protagonisti dell'opera.
Lo studio della luce, dei colori e degli ambienti rende ogni opera suggestiva, la ricerca spasmodica del realismo spinge l'osservatore a soffermarsi sui dettagli, sui movimenti dei personaggi e sui loro sguardi, indirizzati a qualcosa negata a chi li guarda. Immersi in loro stessi, intenti a riflettere, a distaccarsi da quello che li circonda, che sia una camera da letto o un caffè affollato. Sentimenti affollati, inquietudine e pace, emergono dai tratti di Edward Hopper, che affermò di non voler dipingere quello che vedeva, ma ciò che sentiva.
In mostra fino al 24 luglio, conservando il biglietto si potrà ottenere un ingresso ridotto per l'esposizione di Palazzo Albergati, tutta dedicata ai 56 anni della bambola più famosa (e discussa) al mondo, "Barbie. The icon".
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