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Conversando - Stefano Bonazzi

Quattro chiacchiere con l'autore di "A bocca chiusa"
di Paolo Stegani \ 22-03-2019 \ visite: 1932
Foto Stefano Bonazzi

Abbiamo incontrato ed intervistato il giovane grafico e scrittore ferrarese Stefano Bonazzi, in occasione della nuova edizione del suo primo romanzo "A bocca chiusa", edito da Fernandel.


Ciao Stefano, benvenuto su Occhiaperti.net!
Partiamo dall'inizio: com’è cominciata la tua carriera di scrittore?

5 anni fa c’è stata l’occasione di frequentare un corso a Bologna, con lo scrittore Gianluca Morozzi: mi ci sono trovato subito molto bene. Avevo già pronta la prima stesura di “A Bocca Chiusa” , gliel’ho mostrata e mi ha detto di continuare a lavorarci, che il materiale era buono. Così ho fatto. Morozzi mi ha dato alcuni consigli, ma al momento della prima pubblicazione, per Newton Compton nel 2014, il mio è stato davvero un colpo di fortuna. Avevo attuato il metodo classico: busta gialla con dentro il manoscritto, inviata a varie case editrici, e poi l’attesa.  Il libro era nato come sfogo, quasi terapeutico. La mia psicologa mi consigliò di trovare un modo per incanalare la mia rabbia, e dopo aver tentato diverse discipline artistiche ho scelto la scrittura. Ci sono elementi autobiografici, ai quali attorno ho poi costruito una storia di fantasia. Il libro è diviso in due parti, primo tempo e secondo tempo, proprio come un film: nella prima parte il bambino protagonista passa l’estate dal nonno, che ha un invalidità fisica e che lentamente si trasforma in una specie di orco; dopo lo stacco centrale c’è un salto temporale che ci mostra il bambino vari anni dopo, ormai cresciuto, con una vita apparentemente normale ma ormai asociale, con dei retroscena tutt’altro che rassicuranti.

Cosa ne pensi dell'ambiente letterario e delle difficoltà nel trovare spazio per pubblicizzarsi?

Dopo 5 anni di esperienze ho imparato che è estremamente difficile campare soltanto di scrittura. Di autori che vivano soltanto delle proprie vendite ce ne saranno 10 in tutta Italia. C’è una grande crisi editoriale, negli ultimi anni i dati di vendita sono crollati. La scrittura oggi sta vivendo una situazione simile a quella del vinile, un prodotto con la propria cerchia di estimatori ma molto ridotta rispetto al passato. Al giorno d’oggi uno scrittore deve autopromuoversi: i social, nel mio caso, mi hanno aiutato moltissimo, al punto che la maggior parte delle proposte di presentazioni da parte delle librerie le ricevo online. Certi scrittori non vogliono dover avere a che fare con la parte pubblicitaria, però se ne vedono gli effetti (ride, ndr). Gli editori poi, al primo flop, tendono a scaricarti: per loro ormai sei bruciato, nonostante la possibiltà che un libro che ha venduto soltanto 100 copie non sia per forza meno bello di un altro. La letteratura va a mode, come tutto quanto: l'anno scorso andava una cosa, l'anno prossimo ne andrà un'altra. Non mi piace l'idea di affannarmi per seguire l'onda, piuttosto se ho qualcosa di nuovo lo tengo nel cassetto e aspetto il momento migliore. 
E' un ambiente molto complicato. Le presentazioni sono sempre un’incognita: ne ho avute nel sud Italia, organizzate all'ultimo momento, stracolme ed una a Roma, programmata molto tempo prima e largamente pubblicizzata, con poche persone. Bisogna avere un secondo lavoro, come nel mio caso. L’esperienza in sé è appagante, ci sono volte in cui vendi soltanto 5 copie ma sei contento perchè il pubblico ti ha ascoltato, ha interagito, qualcuno ti ha regalato qualche consiglio od opinione. Nel mio caso “L’abbandonatrice” è andato piuttosto bene, non mi posso lamentare. Soddisfazioni ne ho avute tante, fino ad oggi.

Lavori anche nel mondo del design e della grafica. Come ti ci sei avvicinato?

Ho sempre lavorato come freelancer, facevo locandine, copertine di album… Dai 20 ai 22 anni ho sofferto di attacchi di panico, probabilmente collegati anche ad alcune esperienze lavorative piuttosto logoranti. Mi era stato consigliato i cercare sfoghi creativi dove incanalare questa frustrazione, così ho cominciato ad usare Photoshop in maniera totalmente e volutamente contraria rispetto a quello che dovevo fare a lavoro. Persone senza volto, paesaggi pieni di nuvole, catastrofi incombenti… Avere soggetti senza volto mi tranquillizzava e suscitava curiosità alle persone cui mostravo i miei lavori. Su consiglio di un’amica ho cominciato a proporre in giro queste immagini, abbiamo realizzato alcune esposizioni qui a Ferrara e poi, con un po’ di fortuna, anche all’estero: Miami, Monaco (dove sono arrivato al secondo posto in un concorso di grafica), Seul e addirittura in Cina (non ti dico dove perché non so pronunciartelo!, ride, ndr). Ogni serie che ho realizzato ha un'atmosfera propria, un tema principale ricorrente. Al momento ne ho una nuova in cantiere, dove mi concentro maggiormemente sul mezzo busto. 

Foto Stefano Bonazzi

Fra “L’abbandonatrice” ed “A bocca chiusa” a quale sei maggiormente legato? Quali modifiche hai apportato in questa nuova edizione del secondo?

“A bocca chiusa” è quello che sento più vicino, in quanto è il primo che ho scritto ed anche per il modo in cui è nato. Ha meno filtri, è più spontaneo così come più ingenuo. Questa nuova versione è molto rielaborata, abbiamo rivisto molte cose: un libro dopo alcuni anni ha bisogno di correzioni, nel mentre tu stesso sei cambiato e certi aspetti preferisci cambiarli. Abbiamo agito soprattutto sulla composizione di acune frasi, troppo elaborate. All’inizio uno scrittore tende ad esagerare per fare colpo sul lettore. Ho cercato di “asciugarlo” ancora di più. Paradossalmente, nonostante io sia un grande ammiratore del minimalismo americano, non avevo affatto adottato quello stile (ride, ndr). Ho aggiunto un nuovo capitolo, anche per dare più respiro ad una storia piuttosto cupa e claustrofobica. Vado comunque fiero della prima versione, ma certamente la nuova è più rifinita. Ho imparato anche, soprattutto chiacchierando con chi l'ha letto, che potevo trasmettere l'atmosfera del romanzo e raccontare certi argomenti presenti al suo interno senza per forza cadere nello splatter gratuito od enfatizzando eccessivamente alcune scene forti. E' stato molto utile, ed in questa nuova edizione ho agito anche in questo senso.

Consigli per chi vuole approcciarsi al mondo della scrittura?

Dipende da quali obiettivi ci si pone. Sono contrario all'editoria a pagamento. Ho amici che si autopubblicano, spesso con risultati sorprendenti, ma rimango contrario perchè poi diventa quasi più importante la parte del business rispetto a quella della produzione del materiale. Per arrivare ad un piccolo editore il vecchio metodo della busta gialla con dentro il romanzo va sempre bene. E' fondamentale essere precisi, non mandare i propri elaborati a destra e a manca senza conoscere le linee editoriali di una casa editrice: è importante far vedere che ci si è prima informati. La faccia tosta non paga mai, bisogna sapersi mettere in discussione e ricontrollare sempre il proprio lavoro. Per arrivare ad un grosso editore può essere di grande aiuto la figura dell'agente letterario, per quanto alcuni colleghi lo ritengano più un male che un bene. Avere un agente aiuta secondo me, è una sorta di lasciapassare: è sinonimo di qualità agli occhi delle case editrici e può agevolare anche dal punto di vista finanziario.

Fino a che punto accettare le modifiche editoriali?

Non ho mai avuto grossi problemi a questo riguardo, mi sono sempre trovato abbastanza d'accordo con le proposte di modifica degli editori, tranne in un caso in cui mi proposero l'introduzione di un personaggio non previsto. Lì puntai i piedi e mi opposi. Col tempo ti accorgi di quanto molti dei consigli che ti danno siano giusti, anche se sul momento uno non se ne accorge. Se vengono da un professionista, da un editor serio, ha senso ascoltarli. L'editing di Fernandel, ad esempio, mi ha fatto crescere tantissimo. Lavorare sempre con lo stesso editor è lo stato dell'arte: ti conosce, sa dove vuoi andare a parare, il tuo stile gli è familiare e quindi sa bene come muoversi con te e con la tua scrittura. 

 Qualche nuovo romanzo in cantiere?

Ho un nuovo libro, già terminato, dall'ambientazione per così dire "gotico-rurale": una sorta di thriller, ambientato in un paesino immaginario in provincia di Bologna. E' la storia di un gruppo di ragazzini che improvvisamente scopaiono, ed uno di loro comincerà ad indagare per capire cos'è successo. In questo paesino tira anche un vento incessante, che pare faccia impazzire gli abitanti. Mi piace considerarlo una sorta di "Stand by me", un tributo ad uno degli scrittori che preferisco.

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