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Conversando - Bruno Tognolini

Quattro chiacchiere con il creatore della Melevisione
di Paolo Stegani \ 20-03-2019 \ visite: 2121
Foto di Bruno Tognolini
Foto di Mauro Presini

Ho 8 anni e l'uomo qui davanti mi fa sorridere: aspetto buffo, viso dolce. 
Comincia a parlare, ma non come si parla di solito. Un mal di pancia diventa protagonista di una filastrocca.

"Mal di pancia calabrone 
Porta via il tuo pungiglione 
Mal di pancia moscerino 
Finirai dentro il vasino"


Non so bene se ho capito perchè è qui, neanche che mestiere fa. Dice di scrivere filastrocche per lavoro. Gliene chiedono tante, in tanti, per tanti motivi. Ma scrivere cose buffe è un mestiere? Ha pure dei libri con sè, e molte di quelle che scrive sono lì. Li vende anche.

"[...] La meraviglia sta in quello che guardi?
Oppure sta nei tuoi sguardi?
Sta nelle cose che vedi e che tocchi?
O nelle mani e negli occhi?"


Devo ancora capire dove vuole andare a parare. Ma lui lo sa, dove vuole andare a parare? Ha scritto una poesia per una maestra, per aiutarla a spiegare agli alunni che un lor compagno non c'è più. Ma ce la legge? Non lo so se ho voglia di sentir parlare di cose tristi.

" [...] Lui è nel mondo che non finisce
È nelle cose che fate e che siete
È in tutto quello che non si capisce
E ora piangete."


Perchè vuole che piangiamo? Non serviva a far star meglio? Non ho capito, forse. Però mi piace questa cosa che William è nel sapore di una banana. 

"Basta dire una filastrocca per stare subito meglio? No, naturalmente. Perchè allora secondo voi questo libro, che ho scritto io, viene comprato da 25 anni?"

"Per tenersi su di morale", dice uno di noi. Anche secondo me.

"Il segreto è tutto nel ritmo. Il ritmo è qualcosa che ci appartiene sin da subito, quando siamo ancora nella pancia della mamma. Siamo vivi, lì dentro, e ascoltiamo quello che possiamo: il battito del suo cuore. Quando noi pronunciamo una filastrocca, dando ritmo alle parole ed ai nostri pensieri, facciamo in modo che il mondo che ci circonda ci tratti meglio."

Ho appena provato ad immaginarmi 14 anni più giovane, seduto sulla sedia ad assistere all'intervento di Bruno Tognolini di lunedì scorso presso la scuola elementare di Cocomaro di Cona. Accanto ai possibili pensieri di un bambino si accomodano anche quelli di un ragazzo, rimasto stregato dalla implicita potenza di un discorso dall'elegante delicatezza. L'importanza che la parola riesce ad avere, e merita, viene sottolineata da Tognolini con il più azzeccato degli esempi: così come tutto dipende dal modo di guardare le cose, allo stesso modo dipende da come si sceglie di dirle. E i bambini, inconsciamente, in questo sono sempre stati i migliori. Idee contente con le quali andare a dormire, rime per sfogarsi e "sfuocarsi", spegnendo il fuoco della rabbia: la realtà di tutti i giorni rivista con la parte più giovane, o semplicemente più bella, di noi. 

Dopo l'incontro, approfitto dell'occasione per farci quattro chiacchiere.

Foto di Bruno Tognolini
Foto di Mauro Presini

Come vedi il mondo della scrittura oggigiorno e le opportunità per entrarvi?

Credo, detta come va detta, che ci voglia una doppia dose di "culo": è giusto sperare in un colpo di fortuna per poterne fare un mestiere, così come sono necessari la gavetta e l'esercizio, per cui il culo bisogna anche farselo. Prima ancora di tutto questo, un ruolo fondamentale lo gioca il talento innato. Non ho bene a fuoco la situazione attuale del mercato editoriale e delle vendite, ad essere sincero. Ricordo che, durante la presentazione di un libro cui ho partecipato, l'autore ha chiesto al pubblico che fine, secondo loro, avessero fatto i lettori, ed un membro della platea ha risposto: "Non stanno leggendo perchè stanno scrivendo". E' una battuta, ma rende bene l'idea della situazione: le case editrici hanno a disposizione una grande quantità di materiale. Può esserci tanta qualità là dove c'è grande quantità? Chissà, può anche essere, ma è certamente difficile pensarlo.

Non posso non chiederti della Melevisione.

E' cominciato tutto nel 1999, la Rai progettava la realizzazione di un nuovo programma pomeridiano per bambini. Una mia ex-collega ha fatto il mio nome, e da lì è cominciato tutto. Anche in questo caso ho voluto giocare con le parole, sostituendo la M alla T nella parola "televisione": ci piaceva che nel titolo ricorresse l'immagine della mela, a dare l'idea di qualcosa di dolce. La sigla stessa, per come l'abbiamo impostata, è una vera e propria filastrocca. Di recente c'è stato il ventennale della nascita della Melevisione, e su Rai YoYo le hanno dedicato la programmazione di un'intera giornata. In genere non riguardo mai le vecchie puntate, ma in questo caso mi è capitato di rivedere quelle dell'addio di Tonio Cartonio, che ho scritto personalmente. Quando, per mille ragioni, un attore del cast era costretto ad abbandonare il programma, era nostra intenzione cercare di rendere più facile al nostro pubblico questo addio, con espedienti narrativi che dessero piuttosto l'idea di un "arrivederci", o di un'assenza connessa a vicende legate alla trama del Fantabosco. Nel caso di Tonio, infatti, abbiamo giustificato la sua partenza con un viaggio a Città Laggiù per far sì che potesse "far tornare la fiaba" nel mondo dei bambini, e questo non in una ma nell'arco di tre puntate. Mi ha fatto sorridere rivederle!

Com'è stato abbandonare il programma?

Sono contento (e lo ero allora) di aver lasciato la Melevisione finchè era ancora all'apice della popolarità, ma soprattutto in totale congruenza con quelle che erano le idee e le caratteristiche con le quali era nata. All'inizio degli anni 2000 la concorrenza non era molta, la "gara agli ascolti" ce la giocavamo specialmente con Rete 4. Ricordo quanto eravamo entusiasti, le volte in cui "vincevamo" noi! (sorride, ndr). In seguito è nata una grande quantità di canali tematici per bambini, e con essi la scelta si è allargata enormemente. Per riconquistare pubblico i piani alti della Rai suggerivano mosse strategiche con le quali molto spesso non ero d'accordo: ospitate di calciatori famosi, per esempio, o la completa rivoluzione del design dei personaggi per rilanciare la vendita dei gadget. Il mio modo di scrivere le puntate è sempre stato piuttosto ideologico e ricercato, e questo, soprattutto nell'ultimo periodo, si scontrava molto con le politiche di mercato cui si puntava sempre di più. Non mi andava di diventare, in seguito, il capro espiatorio su cui far ricadere la colpa di un'eventuale declino. I rapporti con le mie collaboratrici sono rimasti ottimi. Semplicemente, nella Melevisione più moderna, non mi ci ritrovavo più.

Che bello sentir parlare di una così importante parentesi della mia infanzia, mia e di tutti quelli della mia generazione, così da vicino. Un nuovo sguardo da dietro le fronde di qualche albero del Fantabosco, come mi trovassi dentro una puntata.
Non mi è difficile, oggi, avere 8 anni.

Prima di salutarci, il congedo più bello:

"Mi raccomando, dì ai ragazzi di Città Laggiù che noi del Fantabosco siamo ancora in giro!"

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